Non amo che le rose che non colsi, a Roma

Martedì 18 ottobre 2016 apre a Roma, a pochi passi da Castel Sant’Angelo, la nuova galleria Richter Fine Art con la mostra collettiva Non amo che le rose che non colsi (dal 18 ottobre al 23 dicembre 2016 – dalle 13.00 alle 19.30 dal martedì al venerdì e il sabato dalle 09.00 alle 20.00).

Tommaso Richter, trentenne, collezionista e appassionato d’arte, apre la sua galleria ristrutturando un’antica bottega di un fabbro, proprio accanto allo spazio espositivo dedicato all’antiquariato e gestito dalla famiglia: una prosecuzione quasi fisiologica dell’attività, che dall’arte antica arriva ai giorni nostri. Lo stesso gallerista dichiara: “Aprire oggi uno spazio espositivo dedicato all’arte contemporanea può apparire forse un azzardo, ma è lo sbocco naturale del mio percorso: sono cresciuto in questi vicoli, circondato da opere d’arte e di antiquariato. Era destino che prendessi questa strada”.

Non amo che le rose che non colsi, è la prima mostra collettiva ospitata dalla galleria. Allestita con i lavori di 5 artisti, tutti pittori, l’esposizione nasce dalla collaborazione tra Tommaso Richter e il curatore Saverio Verini, che hanno lavorato insieme sia alla costruzione del progetto che alla realizzazione del catalogo, oltre che alla scelta degli autori: Silvia Argiolas (1977), Dario Carratta (1988), Luca Grechi(1985), Emilio Leofreddi (1958), Giuliano Sale (1977).

Il titolo della mostra Non amo che le rose che non colsi cita un verso di una poesia di Guido Gozzano, contenuta ne I Colloqui del 1911. Il poeta restituisce nella scrittura un senso di struggimento e inquietudine attraverso immagini concrete, vivide, manifestando un senso di nostalgia che si può ritrovare anche nei dipinti di tutti gli artisti, ognuno dei quali ha tradotto questo “sentimento” in maniera del tutto personale.

La pittura di Silvia Argiolas è caratterizzata da atmosfere stranianti e perturbanti; ne derivano opere spesso grottesche, permeate da un’ironia amara e corrosiva. Dario Carratta utilizza la pittura per trasferire su tela visioni distopiche, animate da personaggi al limite tra la fisicità reale e l’evanescenza del sogno. Le opere di Luca Grechi propongono una figurazione al tempo stesso precaria e poetica, con i soggetti – per lo più elementi vegetali e paesaggi naturali – colti in uno stato di sospensione tra definizione ed evanescenza. Il lavoro di Emilio Leofreddi si fonda su opere permeate da un’attitudine onirica e sottilmente pop. Infine Giuliano Sale si segnala per la sua pittura dissacratoria e inquietante.

L’esposizione si divide su due livelli: al piano terra sarà allestito, per ogni artista, un lavoro di grandi dimensioni; al piano inferiore, invece, ogni autore presenterà coppie di lavori di formato ridotto, di modo da mostrare un più ampio spaccato sulla propria poetica.

Tommaso Richter definisce fin da subito la direzione della galleria, che intende presentarsi come un “laboratorio” di sperimentazione attorno ai linguaggi della pittura e alle possibilità che il mezzo offre. Le prossime mostre infatti vedranno il coinvolgimento di altri artisti e di critici, invitati a riflettere sul lavoro degli artisti e sul ruolo e le possibilità che la pittura offre oggi.

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